Enrico Cazzaniga
V’è qualcosa che coinvolge anche emotivamente nell’opera pittorica di Della Torre. E la riprova, il riscontro lo dà l’amatore che innanzi ai suoi dipinti non si limita ad un frettoloso sguardo ma tende ad essi, si sofferma. Si può ben affermare che i richiami che accennano a stendardi medioevali, a vecchie carte geografiche, a cavalli in ludico circolo, ad animali simbolo di saggezza, siano, nel palinsesto dell’opera, nell’uso di sabbie, terre e pigmenti, nella stesura dei medesimi su tavola o tela, qualcosa che dà effetti non di maniera ma bensì filtrati, elaborati e felicemente conclusi dall’artista. Effetti tecnico-coloristici sorprendenti sia per la sensazione di “levitante concretezza dell’opera” sia per l’amalgama compositiva, sia per le valenze propedeutiche – culturali ad esse referenti.
Virgilio Patarini
La composizione delle opere di Della Torre si fonda su alcuni fecondi paradossi. Si tratta di apparenti contraddizioni che sono in realtà il risultato di un sapiente gioco di pesi e contrappesi. Nella stesura del colore l’artista procede lentamente, tra sovrapposizioni ed abrasioni, componendo una struttura complessa e stratificata, ricca di sfumature e di trasparenze. La sua mano crea e distrugge, pazientemente, strappando brandelli di materia pittorica, ma ogni nuova costruzione non distrugge del tutto la precedente. Così che l’opera appare come un essere mutevole, instabile, cangiante: in balia del Tempo. Colore, gesto e materia si rapportano vicendevolmente secondo modalità analoghe, ma sempre sottilmente diverse.